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n°50

Marzo 2014

 
 
 
 

 

 
 

 

Non mi mandi in bianco

In Italia nessun datore di lavoro potrà più pretendere di far firmare a un nuovo dipendente una lettera di dimissioni in bianco all’atto dell’assunzione. Alla Camera abbiamo approvato la proposta di legge contro questa sgradevole pratica, attuata purtroppo da molte aziende, che imponeva ai lavoratori di rinunciare ad alcune garanzie di legge. Con 300 favorevoli, segnalo che M5S, Ncd e Sc (101) si sono detti contrari, astenuta la Lega (21). Ora tocca al Senato.

Eppure, è una norma di civiltà, considerato che le dimissioni in bianco, cioè prive di data, finora venivano fatte firmare soprattutto alle donne, così che potessero essere mandate via in caso di gravidanza, ed erano utilizzate per tutti in caso di malattia prolungata o partecipazione a uno sciopero. Scopo della lettera era cioè quello di avere la possibilità di liberarsi in qualsiasi momento, senza corrispondere alcuna indennità, dei lavoratori scomodi, anche in tutti i casi in cui diventavano troppo costosi in termini fiscali e previdenziali.

Adesso, la lettera di dimissioni volontarie deve essere sottoscritta, pena la sua nullità, dal lavoratore su appositi moduli resi disponibili gratuitamente dalle direzioni territoriali del lavoro, dagli uffici comunali, dai centri per l’impiego o dai siti Internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La proposta di legge prende in considerazione anche la lettera di risoluzione consensuale. E solo qualora i lavoratori si dovessero assentare, senza darne comunicazione, per oltre sette giorni, il rapporto si intenderà risolto per dimissioni volontarie anche senza sottoscrizione dei moduli.

La procedura vale per tutti i contratti di lavoro subordinato, la collaborazione coordinata e continuativa, il contratto a progetto, gli occasionali, i contratti di associazione in partecipazione e quelli delle cooperative con i propri soci.

 

Una mozione per le calamità

Questa settimana abbiamo approvato, favorevole anche il Governo, una mozione sugli eccezionali eventi meteorologici che hanno interessato Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Toscana, tra il 2013 e il 2014.

Il documento impegna il Governo a deliberare lo stato di emergenza per Friuli Venezia Giulia e Veneto; ad assumere iniziative finalizzate a sostenere le popolazioni e le attività imprenditoriali, commerciali, artigiane e agricole venete, friulane ed emiliane colpite dai violenti fenomeni alluvionali che hanno interessato i comuni delle province di Udine, Pordenone, Padova, Treviso, Vicenza, Verona e Venezia e i comuni della provincia di Modena, attraverso la defiscalizzazione e la decontribuzione per gli anni 2014 e 2015, prevedendo anche la sospensione dei termini dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria.

Si prevedono, inoltre, iniziative volte all’alleggerimento dei vincoli del Patto di stabilità per ripristinare le infrastrutture e la viabilità interrotta o danneggiata e le opere di difesa idraulica, mentre una quota delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione sarà destinata al finanziamento di una serie di interventi, tra cui quelli di messa in sicurezza del territorio.

 

Veterinario, ma con il corso

In settimana ho presentato una interrogazione al Ministro della Salute riguardo l’istituzione in Friuli Venezia Giulia, con un decreto regionale, del “Veterinario di fiducia”. Nel provvedimento vengono fissati i compiti e i requisiti per ricoprire questo ruolo.

Nell’interrogazione mi sono soffermato sul comma 3) dove viene previsto quale requisito professionale la partecipazione con profitto al “Corso di formazione per veterinario aziendale”. Poiché credo che sia una indicazione vaga e lesiva della professionalità dei medici veterinari liberi professionisti e siccome il decreto non chiarisce chi abbia competenza per poter svolgere questa formazione, chiedo al Ministro di sapere se un medico veterinario libero professionista, regolarmente iscritto al proprio Ordine professionale e abilitato alla propria professione intellettuale, in virtù dei titoli abilitativi ex lege richiesti, debba partecipare a questo corso per poter svolgere la propria attività. E se il corso è un requisito vincolante per svolgere l’attività di veterinario aziendale, prevista tra l’altro dal Decreto legislativo 196 del 22 maggio 1999. Inoltre, vorrei proprio sapere se coloro che tengono il corso siano abilitati dallo stesso Ministero.

 

 

Lasciate che la vendita sia diretta

Ho sottoscritto una risoluzione che intende valorizzare e semplificare l’attività di vendita diretta dei propri prodotti da parte degli imprenditori agricoli. E’ emerso, infatti, che, dopo una modifica legislativa di un decreto in materia, non è più possibile per gli imprenditori agricoli effettuare l’attività di vendita su una superficie all’aperto privata, anche nel caso in cui l’interessato ce l’abbia in disponibilità. Interpretazione che restringe notevolmente l’ambito di applicazione della vendita diretta.

La risoluzione impegna il Governo a chiarire con urgenza che la nuova disposizione “non preveda alcuna restrizione o divieto all’esercizio della vendita diretta su aree private all’aperto diverse da quelle ubicate nella sede principale dell’azienda agricola delle quali l’imprenditore agricolo abbia la disponibilità sulla base di un titolo legittimo”. E ad adottare le necessarie iniziative per semplificare l’attività di vendita diretta.

 

RINGRAZIAMENTI

A termine degli incontri relativi alla rendicontazione del mio primo anno di legislatura, volevo ringraziare la Coop. Ortica e il Circolo Pd di Gorgonzola per la disponibilità delle sale, ma in particolare, ho apprezzato tutte le persone intervenute con domande e proposte che costituiscono un bagaglio prezioso di conoscenza dei territori.

Paolo Cova

 

   
 
 
 
 

www.paolocova.it