News dal Parlamento

INFORMATI SU CIO' CHE ACCADE A ROMA DA PAOLO COVA

 
 

eNews
n°48

Marzo 2014

 
 
 
 

 

 
 

 

E che riforma sia

Come sapete, abbiamo approvato la nuova legge elettorale, l’Italicum, come lo ha battezzato Matteo Renzi, e vale solo per la Camera. I voti favorevoli sono stati 365, i contrari 156 e gli astenuti 40. Ora il provvedimento passa al Senato, dove lo stesso Renzi ha assicurato la possibilità di modifiche, soprattutto per quanto riguarda la parità di genere di cui vi parlo nella news seguente.

Le principali novità della riforma sono rappresentate dal fatto che il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni regionali, ciascuna delle quali suddivisa in collegi plurinominali; le liste di candidati sono presentate nei collegi plurinominali; possono presentarsi singolarmente o in coalizione con un unico programma di Governo; le soglie di sbarramento per accedere alla attribuzione dei seggi sono basate sulla percentuale dei voti validi a livello nazionale: 12% per le coalizioni, 4,5% per le liste coalizzate e 8% per le liste non coalizzate; alla coalizione o lista vincente che supera il 37% dei voti validi a livello nazionale è attribuito un premio di maggioranza fino a un massimo di 340 seggi; nel caso in cui il 37% non venga raggiunto, si procede al ballottaggio; in questo caso alla lista o coalizione vincente sono attribuiti 321 seggi; i seggi sono attribuiti alle coalizioni e alle liste a livello nazionale e distribuiti sul territorio proporzionalmente ai voti ottenuti nelle circoscrizioni e nei collegi.

Insomma, è un passo che considero importante per tutti gli italiani, perché ha il pregio di consentire la governabilità del Paese dopo le elezioni. La scelta del premio di maggioranza e del ballottaggio al secondo turno sono indicazioni che il Pd ha sempre sposato e che gli italiani avevano richiesto per dare stabilità. Mancano certamente le preferenze, che secondo me sono necessarie, ma si resta nel solco delle proposte del Partito democratico di un collegio che passa da uninominale a plurinominale con liste brevi.

Come avevo già anticipato la volta scorsa, non è piaciuta la soglia di sbarramento del 4,5%. Ma ripeto che il rischio non è quello degli elettori di non vedersi rappresentati, quanto quello che i cosiddetti partitini vogliano semplicemente sopravvivere e non per creare una proposta globale e inclusiva. La scelta fatta va, invece, veramente verso una semplificazione dell’assetto del Paese. E viene davvero, così, premiata l'aggregazione e non la ricerca del particolare, o peggio ancora del partito personale.

Adesso il passo successivo è molto chiaro: dobbiamo abolire il Senato per dare pienezza a questa legge elettorale. Rappresenterà uno stimolo maggiore per tutti noi per completare anche quella parte di riforme Costituzionali.

 

Non di genere, ma di politica

Ne avete sentito parlare tutti nella settimana appena passata: la bocciatura da parte dell’Aula della Camera degli emendamenti sulla parità di genere ha occupato le cronache parlamentari. E sapete che se ne riparlerà al Senato, mentre Matteo Renzi, come segretario del Pd, ha assicurato che nelle liste democratiche l’alternanza sarà assicurata.

Ma io, come al solito, cerco di raccontarvi cos’è successo. Intanto, gli emendamenti presentati erano tre. Faccio questa precisazione perché ritengo che, invece, sarebbe stato opportuno arrivare con un obbiettivo chiaro e una proposta unica da sottoporre al voto e da presentare al Gruppo. Certo, questa non è una motivazione sufficiente per giustificare il voto contrario, almeno sull'emendamento che prevedeva un rapporto 60-40 per cento di rappresentanza dei capilista.

Un’altra precisazione che mi sembra necessaria è che non sono stati i soli uomini a votare contro, ma anche le donne. Questo perché il voto contrario non è nato da una contrapposizione di genere, ma sono state messe in gioco anche considerazioni politiche, come il tentativo di far saltare la legge elettorale.

 

Ok alle missioni estere

Nei giorni scorsi alla Camera abbiamo votato la fiducia chiesta dal Governo di Matteo Renzi sul decreto legge relativo alla proroga delle missioni militari italiane all'estero. I voti a favore sono stati 325, quelli contro 177 e 2 gli astenuti. Il decreto è stato convertito in legge nella sera di giovedì.

Se ricordate, questo provvedimento era stato già all'esame dell’Assemblea alla fine del 2013 ed era stato rinviato alle Commissioni di merito il 27 novembre scorso. Il Decreto reca disposizioni urgenti per la proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia per il periodo 1° ottobre–31 dicembre 2013, nelle aree di crisi dove sono impegnati contingenti italiani, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di ricostruzione e per la partecipazione italiana alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace.

Nel dettaglio, viene autorizzata la spesa di 124,5 milioni di euro per la partecipazione alle missioni in Afghanistan; 40,2 milioni per la partecipazione del contingente italiano in Libano; 22,4 milioni per la prosecuzione delle presenza militare italiana nei Balcani.

Il provvedimento prevede ulteriori autorizzazioni di spesa, sempre riferite all'ultimo trimestre del 2013, nel Mediterraneo, in Somalia, nel Corno d’Africa, nell’Oceano Indiano e in Libia per circa 30 milioni di euro.

Sottolineo nuovamente l’importanza dell’articolo dedicato alle iniziative di cooperazione in favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Paesi limitrofi che prevede, per l’ultimo trimestre del 2013, uno stanziamento di 23,6 milioni di euro.

 

Ma sanno quel che fanno?

Sono rimasto esterrefatto dopo aver scoperto un’interrogazione dei grillini che si indignavano, come solo loro sanno fare, per un taglio di risorse sulle quali, noi del Pd, avevamo presentato alcuni emendamenti già mesi fa. E loro li avevano prima bocciati in toto, salvo poi ripensarci, su mia indicazione, e astenersi. Cosa che mi fa dire senza tema di smentite che i parlamentari del Movimento 5 Stelle non sanno neanche cosa votano.

Vi racconto meglio. Quando nei mesi scorsi discutevamo della legge di Stabilità, come Pd, in Commissione Agricoltura, avevamo presentato due emendamenti che intendevano aumentare i finanziamenti a favore delle associazioni allevatori. Negli anni scorsi erano stati tagliati, infatti, in modo importante gli stanziamenti a queste realtà zootecniche. Ricordo benissimo che i parlamentari del M5S votarono contro, tanto che io mi permisi di far loro notare l’importanza degli emendamenti e il capogruppo decise quindi di convertire il voto in astensione.

In settimana, dunque a distanza di mesi, scopro che una deputata grillina presenta un’interrogazione in Commissione in cui parla della riduzione delle risorse destinate alle associazioni degli allevatori e ne chiede conto al Ministro, domandandogli anche quali iniziative intenda assumere rispetto al drastico taglio subito soprattutto da un ente importante come l’Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne, l’Anabic.

Quindi, un’interrogazione arrivata fuori tempo massimo, visto che li avevo avvisati dell’importanza dell’argomento quando ancora si poteva fare qualcosa. Tutto ciò dimostra, una volta di più, che non si rendono conto di quello di cui si sta parlando nell’attività parlamentare, per cui votano in maniera del tutto superficiale. Salvo tentare di metterci poi una pezza che è peggio del buco.



 

Paolo Cova

   
 
 
 
 

www.paolocova.it