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n°32

Novembre 2013

 
 
 
 

 

 
 

Dalle larghe intese al Governo Letta

La nascita dei nuovi gruppi parlamentari provenienti dal Pdl, ma non da Forza Italia, potrebbe sancire la fine del Governo delle larghe intese, seppure non del Governo Letta.

Se si confermano i numeri dei deputati e senatori che appoggiano l’ex delfino Angelino Alfano, Enrico Letta avrebbe una maggioranza che potrebbe continuare a governare anche senza la presenza dei fedelissimi di Berlusconi.

Questa vicenda cosa cambia? Il Pd ha ancora maggiore responsabilità nella tenuta dei numeri in Parlamento e nelle proposte di governo per uscire da questa crisi. Credo ci siano delle difficoltà maggiori nelle commissioni al Senato, soprattutto in Affari Istituzionali, Bilancio e Finanze.

D’altra parte, però, diventa più facile affrontare un risanamento dei conti pubblici, tenendo in primo piano una maggiore giustizia sociale, e senza cadere nei soliti luoghi comuni. Al contrario per le riforme costituzionali l'iter parlamentare potrebbe rallentare o addirittura bloccarsi, in particolare per quanto riguarda l’abolizione del Senato e la riduzione dei parlamentari con una nuova e definitiva legge elettorale, oltre all’abolizione delle Province. Anche se ritengo che, forse, sarebbe più facile arrivare a fare una legge elettorale di “salvaguardia”, vista la netta chiusura di Berlusconi e M5S alla cancellazione del Porcellum.

Le ipotesi, insomma, possono essere diverse. Ma un dato è sicuro: ci troviamo davanti a uno scenario nemmeno immaginabile 7 mesi fa, all'inizio della legislatura e dopo la fiducia al Governo Letta.

 

Passi avanti per la Tav

La Camera ha dato il via libera alla ratifica dell'accordo tra Italia e Francia per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, già approvata a larga maggioranza dal Parlamento francese. Si velocizza, così, l’iter per la realizzazione di un’opera infrastrutturale fondamentale per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese.

Perché il Pd è sempre stato d’accordo? Lo spiego per coloro che ancora dovessero avere dei legittimi dubbi. Intanto, c’è da dire che in questi anni il progetto è molto cambiato. Infatti, nel tempo si è tenuto conto delle istanze locali, visto che nel percorso di definizione del progetto sono state affrontate e risolte le preoccupazioni relative all’ascolto delle comunità. Inoltre, si sono risolte le questioni relative alla cessione di sovranità dell’Italia, alle infiltrazioni mafiose e alla salute pubblica. Per tutte queste tematiche sono state, appunto, fornite risposte adeguate.

Ma è bene anche sapere che l’alta velocità permetterà lo spostamento su ferro del trasporto di merci per circa 700mila camion l'anno, corrispondente a circa 40 milioni di tonnellate. Quindi, saranno rilevanti le ricadute positive per l'ambiente e l'occupazione: la riduzione annuale di emissioni di gas serra sarà di circa 3 milioni di tonnellate di anidride carbonica, equivalenti a quelle di una città di 300mila abitanti. A questo va aggiunta la diminuzione del traffico locale dovuta sia alla trasformazione della linea esistente in metropolitana di valle a servizio dei residenti e delle attività, sia alla nuova stazione internazionale di Susa. Inoltre, è prevista la creazione di circa 5.800 posti di lavoro per gli anni del cantiere e di circa 400 posti di lavoro permanenti, comprensivi dell’indotto, dopo il completamento dell'opera.

 

Missioni: presto a casa 500 militari

E’ iniziata, alla Camera, la discussione del Decreto Missioni. Il provvedimento proroga fino alla fine del 2013 le missioni militari internazionali e stanzia risorse integrative per interventi di cooperazione in almeno 10 Paesi dove sono in corso “processi di pace e di stabilizzazione”, cioè Afghanistan, Iraq, Pakistan, Libia, Somalia, Myanmar, Sudan, Siria e Mali. Inoltre, il Ministro della Difesa ha annunciato il rientro dall’Afghanistan di 486 militari entro la fine dell'anno.

A fronte di tutto ciò, non si è fermato un incomprensibile ostruzionismo in Aula da parte dei Gruppi di Sel e M5S che ci ha costretti a sospendere l’esame del decreto nonostante la notizia del ritiro di quasi 500 militari che avrebbe dovuto aiutare un confronto costruttivo, visto che abbiamo a lungo discusso la richiesta di rientro di 250 soldati fatta dalle opposizioni.

Certamente è emersa ancora una volta l'urgenza di una legge quadro che si misuri con il tema della nostra politica estera e del nostro ruolo nel Mediterraneo e nelle situazioni di crisi. Questo ci risparmierebbe discussioni di scarso respiro e ci imporrebbe, fra l’altro, di considerare, come è giusto che sia, i nostri soldati come interpreti del ruolo che l’Italia vuole svolgere sulla scena internazionale e della fondamentale importanza delle missioni che abbiamo svolto e continuiamo a svolgere. E anche quando si parla di rientro dalle missioni, la priorità è determinare che tutto avvenga nella sicurezza e all’interno di precisi piani strategici.

La discussione riprenderà martedì prossimo. Il termine ultimo per la conversione in legge è il 9 dicembre.

 

Prezzo del latte senza pace

Il prezzo del latte è senza pace e a pagarne le conseguenze sono gli allevatori, costretti spesso ad accettare condizioni poco dignitose. La riposta alla mia ultima interrogazione sul tema, ricevuta dal Ministero delle Politiche agricole, è veramente inquietante: la palla viene rimbalzata sui produttori, sostenendo che spetta loro decidere se sottoscrivere o meno gli accordi e che se lo fanno, alla fine accettano quelle condizioni.

Nella mia interrogazione, ricordavo che in molte regioni d’Italia non si è ancora giunti a un accordo per la sottoscrizione dei contratti per la cessione del latte crudo bovino. Risulta, perciò, che il prezzo sia stabilito in modo unilaterale da parte degli acquirenti senza rispettare quanto disposto dal diritto nazionale e comunitario in materia.

Come esempio, portavo quello della società Italatte del gruppo Lactalis Italia, che si era rivolta individualmente ai produttori di latte della Lombardia, inviando una lettera in cui  sottolineava la mancanza di accordo sul prezzo del latte fornito, confermando il prezzo di 400 euro per 1000 litri di latte (0,40 euro per litro) oltre a tutte le altre pattuizioni del contratto di somministrazione. Nella lettera la società sembrerebbe chiudere ogni ipotesi di contrattazione tra le parti, fissando il prezzo per la cessione del latte crudo in maniera unilaterale appunto a 0,40 centesimo per litro a fronte di un costo medio finale al consumatore di circa 1,60 euro per litro.

La riposta del Ministero è stata davvero inaspettata: la contrattazione viene fatta dai singoli allevatori, al più è regolata dalle loro organizzazioni di categoria e professionali, tuttavia se alla fine il produttore sottoscrive l’accordo, vuol dire che lo accetta. Ho replicato che questa posizione dà ragione alle industrie le quali, essendo in posizione di forza, decidono il prezzo che in ultima analisi non viene trattato ma subìto da quei produttori che altrimenti sarebbero costretti a buttare il latte.

 





Paolo Cova

 
   
 
 
 
 

www.paolocova.it